i protagonisti

Akim
Tra gli intervistati è la persona che vive da più tempo in Italia, avendo affrontato il viaggio da Mogadiscio tra il 2001 e il 2002. Dopo una serie di spostamenti tra Bari, Torino, Stoccolma e ancora Torino, trova lavoro e si stabilisce a Varallo, dove viene raggiunto dopo due anni dalla moglie Nadifo e dalle due figlie. Poco tempo dopo nasce Mohamed, l’ultimo arrivato in famiglia. Akim lavora in una rubinetteria a Roccapietra, zona industriale nei pressi di Varallo, nella prima impresa che l’ha assunto 8 anni fa. Al compimento dei suoi sogni manca “solo” la soluzione della situazione dei genitori e dei fratelli, tuttora in Somalia, ai quali le attuali norme non permettono il ricongiungimento familiare, perchè Akim non ha lo status di rifugiato politico ma la “protezione umanitaria”.

Khalid
Abbiamo incontrato Khalid a Bari, quando era ancora ospite con la moglie Choukri dell’allora C.A.R.A. (Centro Accoglienza Richiedenti Asilo) di Bari, ma ormai in procinto di ricevere il permesso di soggiorno in qualità di rifugiato quindi di essere dimissionato. Questo lo terrorizzava, perché non sapeva dove andare, non avendo lavoro e non conoscendo la lingua. Qualche tempo dopo s’è sistemato temporaneamente a casa di una coppia di amici somali ed è più sereno; ha imparato un po’ meglio la lingua e lavora saltuariamente. E' in attesa di ricongiungersi con la madre, che attualmente è in un campo profughi in Kenia.

Olad
Prima del viaggio verso l’Europa, Olad aveva già accumulato esperienze in diversi paesi africani, dove tra le altre cose ha collaborato con MSF belga (Medecins Sans Frontieres). L’abbiamo conosciuto quando era ospite del dormitorio di Biella, proveniente dall’Olanda dove s’era spostato dopo pochi mesi dal suo arrivo in Italia, alla ricerca di un’assistenza più organizzata e strutturata. A quel tempo sofferente per un problema di salute, è stato curato e assistito in Olanda che l’ha poi rimandato in Italia in quanto primo paese europeo dove aveva presentato la richiesta d’asilo (in base al trattato di Dublino tra i paesi dell’Ue). Oggi vive a Biella in un appartamento messo a disposizione dalla Caritas, con altri due ragazzi somali; brillante e intraprendente, sta conducendo uno stage tramite i servizi sociali e cerca lavoro, ma il suo sogno è studiare economia e tornare in una Somalia da ricostruire.

Mohamed
Il più giovane dei protagonisti si è avvicinato a noi in una piazza di Bari, dove stavamo intervistando altri ragazzi davanti a una grande cartina dell’Africa. Incuriosito, aveva voglia di parlare con noi anche se ha preferito non farsi intervistare né riprendere. Dopo aver attraversato il deserto a 16 anni, è stato accolto a Bari in una comunità per minori che ha lasciato diversi mesi fa. Dopo quella chiacchierata siamo rimasti in contatto, spesso era lui a chiamarci. Mesi dopo siamo tornati a trovarlo a Bari e abbiamo avuto modo di passare un po’ più di tempo insieme; ha poi accettato di essere intervistato, sempre però senza farsi riprendere in volto. Oggi vive ancora a Bari e lavora in un ristorante, gli piacerebbe diventare chef. Gli mancano la mamma, i suoi fratelli e sorelle che sono ancora tutti in Somalia.

Jellani e Mohamed
Li abbiamo conosciuti e incontrati al centro Boa di tessera (VE), beneficiari di un progetto SPRAR (Servizio Protezione Richiedenti Asilo e Rifugiati, http://www.serviziocentrale.it/, servizio che copre una minima parte dei potenziali beneficiari). Tra gli intervistati, Jellani è parso il più sofferente: un evento fortemente traumatico, che non ci ha raccontato né abbiamo chiesto di raccontare, sta alla base della sua partenza da Mogadiscio dove aveva lasciato sua moglie. Ci disse che pensava a lei in continuazione e che la sua testa non aveva spazio per altro. Oggi è riuscito a ricongiungersi con lei e ha trovato lavoro nei pressi di Venezia. Hussein, suo compagno di stanza nel centro, lavorava come giornalista in Somalia ed è dovuto fuggire.

I ragazzi di Corso Peschiera a Torino
Sono gli unici con cui abbiamo perso i contatti, al cellulare di riferimento non risponde nessuno; vivevano in oltre 250 nella casa occupata, che è stata chiusa ormai da mesi. Sappiamo che alcuni hanno trovato sistemazione altrove, di altri non abbiamo notizie.